mario
@mario@snac.sabatino.social
Se non sai modificare un software non lo puoi usare: utente e programmatore dovrebbero coincidere.
Fin quando non ci arriveremo, gli utenti dovranno scegliere fra brontoloni che ti spiegano tutti i limiti di un protocollo progettato in buona fede, fanatici che li censurano e furbastri che ti invitano su piattaforme centralizzate per profilare (e decidere) non solo cosa scrivi e chi ti legge, ma anche cosa leggi e cosa pensi.
@mario@snac.sabatino.social @anzu@items.minimals.org @kenobit@livellosegreto.it
Sono perfettamente d'accordo, anche sui brontoloni. Pensi un po' :D
Signor mio, la vita...
Quella che si fugge tuttavia che del diman non v'è certezza?
Si dipana in anse parossistiche di linee convolute quasi a volerci raccontare qualcosa, una storia di intrecci e incontri dove facce sconosciute all'improvviso si sorridono. Sta in quell'incontro fugace e repentino che talvolta da cenno a cenno e da parola a parola, può scaturire quella percezione dello scopo finale.
A volte mi chiedo se ci sia differenza tra i rimpianti della vita oppure il rimpianto della vita stessa, come se una sola cosa li raggruppasse tutti. Con così tanti rimpianti si potrebbe forse dire di aver vissuto?
Vede, mio caro, per questo tendo a non averli e a lasciarmi vagare libero.
Almeno così posso far finta anche di amarla questa vita e di sorriderle quando la incontro. [m]
A ben guardare, la vita è un lento percorso fra i pronomi soggetto delle nostre frasi: io, tu, egli, noi, voi, loro.
I più sfortunati si fermano presto, concentrati solo sull'io, vivono solo per sé.
Altri proseguono fino a creare un noi di cui essere parte, per cui agire e che agisce in noi.
A tutti tocca affrontare il voi, a volte per rafforzare un io/noi fragile, a volte come dolorosa frattura del noi.
Poi i figli iniziano a scegliere la propria strada a costruire un futuro tutto loro.
Vede Sig. Giacomo, la vita è quella cosa che sembra che ci sia data in regalo, ma ogni tanto pare rivelarsi una maledizione. Concessa da un'arroganza parentale, talvolta diventa un macigno tantalico che ci rende immobili dal peso e impossibilitati dal mangiare e bere. Legati all'albero e immersi nell'acqua del supplizio, possiamo solo allungare le mani per le mele che scappano e la bocca per quel liquido che si ritira.
Noi padri, siamo figli dei figli dei loro padri in una catena di pressioni talvolta insostenibili, di richieste e di aspettative mancate, di speranze attese e forse mai risolte. Noi, che dovremmo soltanto vigilare in disparte per lasciare che i figli possano librarsi almeno solo un poco più in alto.
La vita mio caro, è un processo inevitabile e che sia breve o lungo è ininfluente, accade.
Tanto vale viverla appieno, anche nel lasciarla. [m]